INTERVISTE AI MIGRANTI: STORIE DI VITA A CONFRONTO

Un
mese passato tra i mercati storici di Ballaro, il Capo e il centro di
Santa Chiara.
L’obbiettivo: somministrare 270 interviste a 4
differenti comunità (Marocco, Ghana, Filippine e Bangladesh),
commissionato dall’Abi (associazione delle banche italiane) al
CeSpi(centro studi politica internazionale) e di conseguenza affidata
al Ciss sul territorio palermitano. I questionari vogliono indagare
sul rapporto tra i migranti e i servizi bancari e postali, per
migliorarne l’accesso e creare servizi ad hoc.
Fin qui il nostro
lavoro, 5 giovani universitari.
E’ stato abbastanza spontaneo
calarsi a pieno nella realtà dei migranti a Palermo,
attraverso i racconti reciproci di esperienze, viaggi e problematiche
di vita quotidiana.
Non è facile lavorare con i migranti,a
volte perchè sei bianca, a volte perchè sei femmina.
Ma
poi dopo qualche giorno passato a studiarci in modo reciproco succede
qualcosa. Forse perchè hai conosciuto le persone giuste, forse
perchè anche noi abbiamo i ritmi lenti di chi è del
sud, forse perchè non abbiamo mai detto di no ad un bicchiere
di birra o ad una festa, compresa quella della fine del Ramadam.


E
cosi succede che l’intervista diventa un pretesto per conoscerci e
una volta terminata c’è sempre il tempo di scambiarci quattro
chiacchiere, storie di vita e di esperienze diverse. Capita che
incontri dei ghanesi che hanno il passaporto della Liberia, qualcuno
che ha le carte di credito olandesi ed è qui per vacanza, chi
è arrivato da qualche giorno a Palermo dopo un viaggio di tre
anni dal Bangladesh a piedi o con mezzi di fortuna.
Le comunità
sono molto diverse tra di loro per religione e cultura.
Per
esempio i Ghanesi abitano e lavorano soprattutto a Ballarò,
sono commercianti, ma hanno anche parruccherie sia per uomini che per
donne, locali dove si balla ragghae e piccoli ristorantini. Una parte
della comunità è mussulmana, un’altra parte cattolica.
Santa Chiara è un punto di riferimento molto forte.
Molti
marocchini sono "illegali" entrati con il visto turistico e
rimasti a Palermo o venuti dopo la scadenza dei documenti a causa dei
controlli che qui sembrano fare poca paura, rispetto al nord Italia o
ad altri Stati. Molti vorrebbero ritornare nel loro paese, ma è
un disonore se non hai il permesso di soggiorno, anche se hai
lavorato e adesso puoi comprarti una casa. Molti abitano nei dintorni
della stazione, dove ci sono anche diversi punti commerciali:
macelleria, kebab, market dove si possono incontrare anche persone
mussulmane di altre comunità.
Tra le bancarelle del Capo e
in via Maqueda invece lavorano i bangladesi per lo più
commercianti: dai negozietti di cose etniche ai market e alle
macellerie, alle videoteche. In quei giorni in Bangladesh c’era stato
un tifone e la preoccupazione era tangibile per parenti e
amici.
Tutti hanno le idee molto chiare su cosa non và in
Italia sulle politiche migratorie, anche perchè hanno contatti
in diverse parti del mondo e conoscono le diverse realtà
europee e americane.
Chi rimane a Palermo lo fà per i
motivi più disparati: dal clima simile al paese che si è
lasciato, alla presenza di famigliari o parenti, in moltissimi casi
per il costo della vita e degli affitti.
Con il passare dei giorni
non pensi più al politicamente corretto, all’uso della parola
immigrato o migrante, nero o di colore adesso li puoi chiamare per
nome. E più ci si conosce più ci si rende conto di
parlare delle stesse cose. I problemi degli studenti fuori sede e
quelli dei migranti si sovrappongono perfettamente: i padroni di casa
desaparacidos quando si rompe qualcosa (il classico scaldabagno!) ma
puntualissimi per bollette e affitto.
Anche la percezione della
città è la stessa: sentirsi guardati in modo strano
sull’autobus è un male comune: qualcuno perchè è
nero, o perchè ha le treccine, qualcun’altra perchè ha
una gonna lunga e colorata.

Giovanna
Messina

This entry was posted in Palermo. Bookmark the permalink.