LA SOCIETA’ CIVILE LIBANESE CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Act
against climate change
”,
era uno dei tanti messaggi riportati dagli striscioni che giorno 8
Dicembre 2007 centinaia di giovani libanesi hanno esposto durante la
marcia lungo la
corniche
di Beirut, in occasione della ripresa dei negoziati post-Kyoto, per
far sentire la propria voce contro il disimpegno del Mondo Arabo e
del mondo intero rispetto alla drammatica e sempre più urgente
problematica del riscaldamento del pianeta. Un giorno di musica, di
scambio di idee, di protesta pacifica che ha coinvolto
anche i piccoli Palestinesi provenienti dal campo profughi di
Chatila. Un gruppo più ristretto di giovani, a partire dal
mese di Ottobre, ha letteralmente invaso la città di
striscioni blu, rappresentanti l’innalzamento delle acque marine,
una delle molteplici devastanti conseguenze del cambiamento
climatico. E mentre i politici cercavano, tra interessi e logiche di
potere, di trovare un accordo per l’elezione del Presidente della
Repubblica, le strade di Beirut si riempivano di colori, come a
ricordare che la problematica ambientale, messa da parte durante 15
anni di guerra civile e aggravatasi durante il conflitto con Israele,
non può attendere che la sedia presidenziale venga nuovamente
occupata da qualcuno. L’iniziativa è parte di una campagna
contro il cambiamento climatico lanciata nel mondo arabo dall’ONG
libanese
IndyAct
– The League of Indipendent Activist
.
IndyAct
nasce a seguito dei tragici eventi che hanno sconvolto la società
Libanese nel mese di Giugno del 2006. Oltre l’impatto umano,
politico, sociale, economico e psicologico dei trentaquattro giorni
di conflitto vissuti dal paese, forte è stato l’impatto
sull’ambiente, in particolare a seguito del bombardamento da parte
Israeliana della centrale elettrica di Jiyeh, nel Sud Libano, a
seguito del quale
15.000
tonnellate di petrolio sono andate disperse in mare, mentre altre
25.000 sono bruciate nell’area (complessivamente il disastro ha
colpito pesantemente 100 km di costa libanese, 50 km di costa
siriana, ma anche le acque più a nord del Mediterraneo,in
particolare verso Turchia, Cipro e Grecia).
Un
gruppo di ambientalisti esperti, attivisti in differenti paesi del
mondo, ha deciso di lavorare insieme in Libano per contrastare uno
dei disastri ambientali più devastanti nella storia del
Mediterraneo orientale. Il gruppo di attivisti indipendenti, l’
Oil
Spill Working Group
,
ha avuto un ruolo importante nel veicolare le informazioni relative i
danni ambientali all’interno dei vari gruppi della società
libanese, sensibilizzando in particolare i canali di informazione, le
ONG locali e straniere e altri attori chiamati in causa dagli eventi.
Durante il lavoro svolto,
l’Oil
Spill Working Group

ha compreso il potenziale di attivismo esistente in molti cittadini
libanesi, fino a quel momento rimasto inespresso; da qui è
nata l’idea di creare una lega di attivisti indipendenti: IndyAct.
Lo scopo di IndyAct è di permettere ad ogni suo componente di
esprimere il proprio attivismo nel settore ambientale, sociale e
culturale, all’interno di un quadro di riferimento comune con cui
confrontarsi a livello globale. IndyAct non intende sviluppare una
complessa struttura organizzativa, piuttosto mira a garantire che la
passione dei suoi membri possa concretizzarsi in azioni capaci, nei
limiti del possibile, di introdurre un cambiamento nell’ambiente
circostante. IndyAct è formata dunque da attivisti
indipendenti rivolti sempre alla concretezza, consapevoli della forza
della non violenza, della solidarietà e dell’universalità
del genere umano.

"Never
doubt that a small group of thoughtful, committed citizens can change
the world.
Indeed,
it is the only thing that ever has.", questo è il motto,
preso a prestito dall’antropologa Americana Margaret Meade, che
ispira costantemente i volontari dell’organizzazione e che
forse…potrebbe tornare anche a noi utile!

Margherita
Maniscalco

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