ESPLODONO LE VIOLENZE IN KENYA

A
poco più di un mese dalle elezioni presidenziali, il Kenya
sembra essere sull’orlo di una guerra civile. Non si placano
infatti le ondate di violenza che hanno seguito le contestazioni dei
risultati della consultazione elettorale del 27 dicembre.

Le
elezioni hanno premiato come vincitore il presidente uscente Mwai
Kibaki con oltre 230mila voti di margine. Tale risultato è
giunto con molto ritardo ed è stato accolto nel peggiore dei
modi dal leader dell’opposizione Raila Odinga, ex prigioniero
politico, il quale aveva già dichiarato che un risultato in
favore di Kibaki sarebbe stato inaccettabile e solo frodi molto
estese avrebbero potuto consentirlo. Ma anche i lunghi e discussi
riconteggi hanno confermato la vittoria, seppur di misura, per
Kibaki: 4.584.721 voti contro 4.352.993.

Anche
gli osservatori dell’Unione Europea hanno espresso dubbi e
preoccupazioni sui risultati delle elezioni. "La commissione
elettorale del Kenya, nonostante tutti gli sforzi del suo presidente,
non è riuscita a garantire la credibilità del processo
di spoglio" ha dichiarato Alexander Graf Lambsdorff, capo della
missione degli osservatori europei. "Rimangono alcuni dubbi
sull’accuratezza dei risultati delle elezioni presidenziali
annunciati " ha poi aggiunto.

In
effetti le modalità con cui si sono svolte le operazioni di
sfoglio e conteggio lasciano perplessi: per tre giorni, dopo la
chiusura delle urne, non c’è stata nessuna certezza sull’esito
del voto. Sui giornali erano uscite indiscrezioni che avevano dato
Odinga in vantaggio: prima di molto, poi di circa trecentomila voti.
Questo ha stupito molti osservatori, visto che in Parlamento
l’opposizione era sembrata invece andare verso una vittoria ampia. La
gente non ha creduto ai risultati ufficiali e la protesta è
dilagata.

Preoccupazioni
sulla regolarità delle elezioni in Kenya sono stati avanzati
anche dal governo britannico per bocca del segretario agli Esteri
David Miliband, il quale ha accusato "i leader politici del
Kenya delle violenze commesse da alcuni dei loro seguaci e
dell’incapacità di trovare un terreno comune".


Dagli
scontri sui risultati elettorali si è passati ai massacri tra
gruppi tribali. Kibaki, leader del Pnu è della dinastia
Kikuyo, Odinga, leader dell’Orange democratic movement (Odm) è
dei Luo, gruppo economicamente e culturalmente molto forte ma da anni
ai margini del potere politico. E Kibaki ha accusato direttamente il
rivale: "E’ lui che guida il tentativo di pulizia etnica. Tutti
gli attacchi e le stragi sono venute da loro".

Già
nella notte dopo l’arrivo dei risultati ci sono state sparatorie
negli slum della capitale: non è chiaro quanto di matrice
etnico-politica o quanto invece legate ad attività criminali.

Negli
scontri tra polizia e manifestanti e tra i sostenitori di Odinga e i
seguaci di Kibaki, sono già morte oltre 350 persone. La Croce
Rossa parla di almeno 100mila sfollati, e di 5mila persone che hanno
attraversato il confine con l’Uganda in cerca di salvezza.

Giovani
armati di machete pattugliano le strade delle città dopo che
la strage di una cinquantina tra donne e bambini bruciati vivi
all’interno di una chiesa a Eldoret, 300 chilometri a nordovest di
Nairobi. Le vittime di questa tragedia appartenevano al gruppo etnico
Kikuyu, quello dello stesso Kibaki.

Intanto
la diplomazia internazionale moltiplica i suoi sforzi per cercare di
ripristinare l’ordine nel Paese. Washington e l’Ue stanno
effettuando un forte pressing diplomatico puntando su un governo di
unità nazionale, o comunque su una riconciliazione in tempi
brevi. Kibaki ha incontrato il premio Nobel Desmond Tutu, impegnato
nella mediazione, che ieri aveva avuto un colloquio con Odinga.
Secondo quanto riferito da Tutu Kibaki avrebbe mostrato segnali di
apertura e sarebbe disponibile ad un governo di coalizione per uscire
dallo stallo.

Non
resta che augurarsi che anche le Nazioni Unite intervengano con pugno
fermo, memori della terribile lezione impartita in altre situazioni
in cui gli eccidi etnici sono stati comodamente confusi con i
disordini politici.

Chiara Lombardo 

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